Il Tribal Gathering è un festival di 3 settimane che si svolge nel mar dei Caraibi una volta all’anno. Me ne aveva parlato Justin, un amico Australiano che ci era stato lo scorso anno e da subito l’idea mi aveva rapita. Da nessun altra parte sulla terra si può sperimentare la saggezza collettiva di oltre 60 tribù provenienti da 30 paesi diversi in un unico luogo. Dalle giungle più profonde, dalle montagne, dalle savane inaccessibili e dalle isole remote. Insomma, il Tribal Gathering, a Panama, è il raduno più internazionale di etnie sulla terra.
Per quanto mi riguarda, mi sono sempre appassionata all’antropologia e alla psicologia quindi dopo avere sentito parlare di questo festival, parteciparci mi sembrava un sogno idillico e non avrei mai creduto che questo desiderio si sarebbe potuto realmente concretizzare. Eppure fu così, perché ad ottobre decisi di partire per un lungo viaggio nel quale questo festival sarebbe stata una tappa obbligatoria che si sarebbe svolta a cavallo tra il mese di febbraio e quello di marzo (io decisi comunque di partire con largo anticipo organizzando i miei spostamenti in previsione di quest’ultimo). Trascorsi così 4 avventurosissimi mesi tra Ecuador e Colombia prima di intraprendere la mia esperienza tribale. Approdai a Panama pochi giorni prima del festival, senza avere troppe informazioni (come a mio solito), ma subito la fortuna mi piombò addosso. Infatti un pò per caso, un pò per sorte, conobbi il proprietario del terreno del festival che mi fece prima, da guida turistica a Panama, poi da pass par tout al festival. Quindi diciamo che passai le mie tre settimane di festival inaspettatamente meglio di quel che avessi mai potuto immaginare.
Approdata a Playa Chiquita, dove si svolse il Tribal Gathering, le emozioni non tardarono ad arrivare ed mi ritrovai in un turbine di sensazioni ed esperienze mai provate prima. L’utopia era diventata realtà, mi trovavo in un posto dove la differenza era una ispirazione, un punto di forza e di carattere personale; un mezzo per stimolare ed invogliare le persone ad imparare nuove cose. Un posto dove l’amore e l’accettazione erano gli unici comuni denominatori. Dove ogni cosa era sacra, specialmente la natura e il tempo, così come dovrebbero essere ovunque. Un posto dove osservare, imparare, insegnare, scambiare, crescere, apportare ed essere se stessi nella propria autenticità più primitiva erano i principi del giorno. Così tra la gente delle tribù, lo staff e le splendide persone locali, ho sperimentato me stessa tanto quanto non l’avessi mai potuto fare prima. Tra momenti di sconforto ed altri appaganti ho infatti intrapreso un percorso di crescita personale che mi ha portata ad sentirmi ancora più libera ed a mio agio sia con me stessa che con tutto quello che mi circonda.
Durante queste tre settimane dedicate all’arte della libertà, ho inoltre preso piena coscienza di quanto la frase “i soldi non facciano la felicità” sia vera. Infatti lontana dalla società, mi sono sentita ripulita da tutte quelle convenzioni sociali che ci portano ad essere prigionieri del denaro e dei beni naturali, realizzando che possedere meno fa stare meglio. Quando nessuno giudica nessuno, quando tutti seguono i loro istinti rispettando se stessi e gli altri, quando tutti aiutano il prossimo e vivono con l’essenziale, senza puntare ad avere di più dello stretto indispensabile, allora capisci che la chiave della serenità è la semplicità e che il denaro non fa altro che renderci schiavi.
Le prime due settimane di Festival furono caratterizzate dall’incontro con le tribù, numerosi workshops per imparare le arti etniche, cerimonie spirituali, incontri shamanici e tanto altro ancora. Ayahuasca, Peyote, San Pedro, Iboga, Bufo, Cambo, Rape e svariate piante medicinali furono condivise dagli shamani con tutte le persone pronte a riceve questa cura sacra. Io non ho voluto affrontare nessun viaggio medicinale perché ritengo che un festival non sia il luogo più consono per questo genere di cose. Ma rispetto tutti coloro che hanno approfittato dell’occasione per conoscere questo mondo spettacolare.
Comunque, attraverso tutti questi stimoli ed esperienze di vita dove la magia era una costante permanente, ambientarsi e trovare un gruppo di persone con le quali condividere i giorni del festival sentendosi ogni momento in famiglia, è stato inizialmente difficile. Nonostante ciò, gli ultimi giorni sono stati accompagnati da uno stato emotivo altalenante in quanto non avrei mai più voluto lasciare quel posto e quella gente tanto bella quanto fantastica. Le abitudini si erano infatti installate e tutto aveva preso una piega naturale e genuina: la mattina colazione con pancackes, pranzo in spiaggia e cena in pizzeria dove ho lavorato come volontaria per quasi tutta la durata del festival. Questi momenti furono quelli che mi ricorderò sempre con il sorriso più grande. Un atmosfera spettacolare, fatta di persone comiche e scherzose dove non ridere era impossibile….
Credo di non avere più parole per esprimere la mia gratitudine verso la vita e tutte le meravigliose esperienze che mi regalano i viaggi e questo festival incluso. Grazie a tutte le persone che hanno resto il mio Tribal Gathering una esperienza unica e da ricordare per sempre…
Grazie ad Alessandro, Hopi e la Giuli
Grazie alla mia “Pancackes family”
Grazie ai miei due amici svizzeri
Grazie a Carlos e ancora a tutte le persone incontrate che mi hanno dato amore e mi hanno reso una persona migliore.
Woooowwww ! Des semaines dont tu n’oublieras jamais ! Comme dhab, La Vie ta menée vers quelque chose de magique, incroyable ! Life’s good Lindatita !!
Je t’aime mon Audrey d’amour!!!!
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